Kirk Kilgour.

Ad uno dei matrimoni del mese scorso, mentre fuori c’era il sole e le nuvole erano in corsa portate da un vento leggero, mi è stato fatto un gran regalo. Mentre ascoltavo la Messa, seduta nei banchi di una chiesa della Bergamasca, ho ascoltato le parole di don Alessandro Gipponi che ha deciso di raccontare una storia. Una bellissima storia che io, personalmente, non conoscevo. Ora però è mia. Fa parte del mio racconto, del mio vissuto, della mia esperienza, per questo voglio condividerla con voi.
È una storia di grande forza morale ed umiltà, una storia di spessore umano che non può lasciare indifferenti, nata e cresciuta nel cuore e nelle membra di un uomo che dalla vita sembrava poter ottenere tutto.
Finchè un giorno…

Kirk Douglas Kilgour nasce in America il 28 dicembre 1947. A venticinque anni è un grande giocatore di pallavolo, che scende in campo con il suo fisico agile e il volto decorato da un paio di baffi e una pettinatura in perfetto stile anni Settanta. Laureato in Psicologia, gioca per sette anni nella Nazionale Statunitense fino al 1973, anno in cui l’Ariccia Volley Club, una squadra italiana neopromossa in serie A, lo ingaggia facendolo diventare il primo pallavolista statunitense a militare nel Campionato Italiano. Oltre a giocare con la squadra, Kirk frequenta le scuole di Ariccia, dove tiene, come supplente, lezioni gratuite di inglese e ginnastica.
Purtroppo però, pochi mesi dopo, l’8 gennaio 1976, svolgendo un esercizio al “cavallo”, cade malamente. La diagnosi è la paralisi completa ed irreversibile di tutti gli arti. Il ragazzo non può più giocare, non può più camminare. Non può più condurre la vita di ogni giorno, che tanti disprezzano perché “quotidiana”. A soli 29 anni, nel pieno della giovinezza e delle energie, Kirk si ritrova sulla sedia a rotelle senza alcuna via di fuga.
La cattiva notizia è che nelle prove più difficili non si hanno molte strade. È questo, infatti, a renderle tali. La buona notizia però è che non ce n’è mai una sola. Di strade ce ne sono almeno due. E tra la disperazione e la rielaborazione, Kirk sceglie con grande fatica, e indubbiamente dopo molte domande, la seconda. Si interroga per non fermarsi all’apparenza e rielabora. Ripeto, con grande, grandissima fatica. Ed è in questa prova che la vita gli sottopone, in questa disgrazia che lo ferma per sempre a livello fisico che Kirk scrive la preghiera che don Alessandro ha letto durante l’omelia.
Chiesi a Dio di essere forte
per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita
perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno

e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini
nessuno possiede quello che ho io!

Kirk Douglas Kilgour muore il 10 Luglio 2002 a Denver, all’età di soli 54 anni.

“L’augurio – ha continuato don Alessandro Gipponi – è che possiate vivere tanta buona sorte, ma che quando arriverà la cattiva sorte possiate trarre forza e consolazione come questo giovane ha fatto nella sua vita. Ricordatevi che “la vita non consiste nell’evitare il temporale, ma nell’imparare a danzare nella pioggia”.

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