Un amore nato sui banchi di scuola, in quelle aule polverose traboccanti di nozioni storiche e matematiche.
Francesco e Francesca si sono frequentati e poi innamorati, mescolati tra centinaia di scolari, come loro intenti a costruire il proprio futuro. Hanno sognato l’uno dell’altra su quei banchi, ma mentre le menti e gli occhi si cercavano, il bacio o la semplice carezza non hanno mai trovato corrispondenza. Fino ad un tempo più maturo, ovviamente. Perché i due si sono osservati e desiderati a lungo, senza però alcuna forzatura verso se stessi, accomunati da un rispetto reciproco l’uno per l’altra.
Oggi si sposano. Con consapevolezza. E per loro ci saranno battiti di farfalle, un caldo sole estivo e tutto l’amore di cui un uomo ed una donna sono capaci.
Loro sì, oggi più che mai, sono nel vero senso della parola due sposi.
Curiosi? Allora partiamo dall’inizio…
La minuta e candida camera di Francesca porta i segni evidenti del passato e quelli del suo imminente futuro.
Pochi i mobili che la arredano: un silenzioso armadio a muro, un letto ad una piazza e mezza rivestito da un copriletto immacolato lavorato a mano, una pacata scrivania bianca, con alcune mensole che osservano l’avvicendarsi di una quotidianità che appartiene alla giovane Francesca. Rinchiuse in una cornice a giorno, sonnecchiano alcune fotografie in bianco e nero che ritraggono la giovane con uno sguardo dalle tonalità pulite e anche un po’ severe. Camicetta bianca e pantaloni neri, Francesca ha un’immagine molto attenta e con gli occhi fissa un’orizzonte dal colore indefinito. Guarda oltre, che è un po’ lo stile di tutta la sua vita. La circondano un’orgogliosa Gazzetta dello Sport – n.161 per la precisione -, del 10 luglio 2006, che riporta in prima pagina la notizia della vittoria dell’Italia ai Mondiali e un foulard dalla forma tipicamente scout, colorato di verde e bordeaux e fermato da un piccolissimo peluche a forma di papera. Quest’ultimo dettaglio non è certo un caso, visto che il totem della ragazza nel gruppo scout era Papera Gioiosa.
“Dunque Papera gioiosa”. Appunto sulla Moleskine.
“Aha!” annuisce Francesca sorridendo. “E’ proprio il nome con cui mi hanno ribattezzato gli scout!”
Conosco bene ciò di cui la sposa parla. Io stessa sono scout ed ho il mio totem.
Il fotografo, che in questo caso è Devid Rotasperti, sorride.
“Ah beh, Francesca! A te è andata ancora di lusso… Heidi è Lontra Feroce!”
“Lontra Vivace – lo correggo amabilmente, mentre cerco di ferirlo con il tacco – Lontra V-i-v-a-c-e… Lontra Feroce mi chiami tu quando sei nervoso… ricordi amore?”
Giusto per la cronaca: non sono una sciocca, né una donna frivola. Non mi vesto solo di rosa e non partecipo sempre e solo a party con le amiche. Perciò il fatto che io chiami qualcuno “amore” non deve dar vita nella vostra testa ad un precipitoso giudizio nei miei confronti. Ve lo giuro: non passo da un matrimonio all’altro chiamando “amore” tutti i fotografi. Direi che non è proprio nel mio carattere! Ma in questo caso il fotografo è mio marito, perciò perdonatemi se capiterà ancora che ritroviate qua e là questo nomignolo tra le righe. Accadrà poche volte, però. Anzi, pochissime. Ve lo giuro.
Riassumiamo: nello stato attuale siamo in tre in una stanza: Heidi, Devid (come lo gnomo) e Papera Gioiosa.
Perfetto, direi! Manca solo quell’esaurito di Peter Pan o la divertente Mary Poppins e poi ci siamo tutti…
Oggi è il giorno del matrimonio di Francesca, che sarà celebrato a Brescia, in una chiesetta della Parrocchia di San Bernardo. Sposerà Francesco, compagno di liceo e amore di una vita per la quantità industriale di pazienza e tenacia che il ragazzo ha saputo dimostrare alla futura sposa. Perciò tra poco si darà inizio alle danze, con tutto ciò che questo comporta: agitazione prematrimoniale e tensione a livelli storici, seguite spesso da un’inevitabile ricerca della perfezione. Tra poco però. Perchè per il momento il papà della sposa ha deciso di riposare tra le lenzuola, mentre la mamma è in cucina, avvolta nella sua vestaglia blu mentre prepara il caffè.
(Tratto da “Un matrimonio al profumo di lavanda”, ed. Arpanet)