Un matrimonio incantato.

Ricordo come fosse ieri.

Autunno, interno giorno: ogni domenica mattina, nel trambusto della casa della nonna materna, tra i profumi della cucina e le corse gioiose di bambini, arrivava puntuale L’Angelo in Famiglia, il bollettino parrocchiale della diocesi di Bergamo. Se metto a fuoco l’immagine nella mia memoria, rivedo ogni singolo dettaglio: le pagine in spessa carta lucida, il profumo dell’inchiostro fresco di stampa e le pubblicità rigorosamente in stile anni Ottanta. O meglio, la pubblicità: quella di un marchio di abiti da sposa che acquistava regolarmente la seconda di copertina, per stamparci modelle dalla pelle di porcellana e un sorriso smagliante come avessero in bocca un tennis di Tiffany. Mentre fuori una nebbia novembrina accarezzava l’unico grande albero della via, io accarezzavo con lo stesso spessore quella pagina così preziosa per il mio immaginario di bambina. Osservavo l’abito, lo coccolavo con gli occhi e ne seguivo il profilo come a voler fare mio ogni dettaglio. Anche mia sorella aveva la stessa passione e così ci litigavamo la pagina, a seconda del modello. Il mio preferito era un abito rendigote con un collo molto importante, simile a quello di Biancaneve. D’altronde mi chiamo Heidi e qualche attinenza con quella stronza a cui il destino ha affiancato un principe con castello vista Colline del Chianti, dovevo pur averla! Ancora oggi ricordo perfettamente il mio stupore dinnanzi a quel modello. Era proprio il mio, senza ombra di dubbio. Da grande, ai piedi di un altare con il mio Principe – appartamento in periferia con vista distributore della IP – avrei indossato quell’abito, con tutte le sue luccicanti perline.

È inutile.

Riescono sempre, in qualche modo, ad inculcarti questa storia del Principe Azzurro. Per altro in modo sempre assolutamente scorretto. Perché quei simpatici fratelli Grimm e tutta la loro fila di colleghi dal cervello imbottito di fantasia chiudono le fiabe con il giorno del matrimonio. E tornati dal viaggio di Nozze cosa succede? Ma soprattutto, mi ha sempre chiesto la mia amica del cuore Erminia, come puoi vivere felice quando al Castello ti arriva una bolletta per il riscaldamento che ti prosciuga tutte le casse del reame? Mah! Fatto sta che a me della bolletta del gas non mi importava nulla e restavo inchiodata col pensiero su quegli abiti ampi e vaporosi. Era affascinante collezionare quelle paginette, che catalogavo diligentemente in buste trasparenti in un quadernone ad anelli. Era il mio sogno. La mia fiaba. Lontana anni luce dalle caprette, dal nonno delle Alpi e da Clara, bella, ricca e probabilmente destinata ad un uomo con palazzo ottocentesco e vista sulla piazza Romerberg, centro storico di Francoforte.

Da allora ho sempre portato con me questa passione per il grande giorno. Ho modificato i miei gusti – l’abito con il collo di Biancaneve non è esattamente il mio preferito -, ho cambiato indirizzo e pure fidanzati. Ma lo stupore per quel giorno, no. Quello è rimasto intatto con la stessa purezza di allora.

È proprio questo amore per l’incanto che oggi mi ha portato ad essere una wedding reporter, forse la prima in tutto il Bel Paese.

E che cosa fa questa benedetta wedding reporter? Vi chiederete.

Io, semplicemente, scrivo.

Narro storie legate al giorno più bello, che vivo nelle vesti di una vera invitata. Quello che andrete a leggere oggi non è dunque un racconto riportato, ma ciò che davvero ho respirato, captato e vissuto, circondata da tutto ciò che gli sposi hanno scelto per il giorno del sì.

Io sono un pennino curioso. Una presenza dinamica che ha il compito di scrivere, in qualche modo, il diario personale degli sposi raccogliendo la loro storia, le loro emozioni e tutte le loro piccole e grandi idee.

(Tratto da “Un matrimonio incantato”, ed. Arpanet)

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