In difesa della vita e della speranza.

Ieri sera ho pianto, camminando lungo una strada desolata e ricoperta di neve.
Dovevo andare in farmacia, prendere il principio attivo dell’aciclovir per ficcarmelo in borsa e tornare da Devid, che aveva un erpes labbiale da far invidia alla Santanchè.
Ho pianto senza sosta. Erano anni che non sentivo il mio pianto così profondo, così cupo.
Piangevo abbottonata nel mio cappotto rosa, coprendo con la sciarpa il dolore, che usciva in singhiozzi.
Il mio pensiero era piccolo e freddo come il bimbo gettato nel Tevere.
Camminando ho cercato Dio. Ma questa volta non ho trovato né risposta, né pace.
Un bambino di 16 mesi, la speranza del mondo.
Un bimbo che non ha altra necessità che quella d’essere amato, perché un giorno possa essere un uomo capace di amare. Un bimbo con una coscienza in erba, da far maturare perché un giorno possa essere uomo di pace. Preso e schiantato nell’acqua di un gelido inverno, trafitto da lame di fiume, annegato nella follia di un padre a cui da bambino non è stato insegnato l’amore, e non è stata allevata la coscienza. Un bimbo morto a causa di un altro bimbo, che nell’infelicità ha trovato la propria culla.

Io, che credo fermamente nella famiglia e nei suoi valori, mi trovo in frantumi sul ghiaccio, inebetita da un gesto tanto incomprensibile, quanto disumano.

E allora mi chiedo cosa si possa fare, come si possa agire. Non voglio essere la persona più felice del mondo. Ma voglio che la mia felicità diventi una casa per tanta gente che ha avuto l’infanzia negata. Vorrei che la mia porta potesse aprirsi a tutti quei bimbi che soffrono, a tutti quei genitori che ti guardano con occhi di vetro nel momento della difficoltà. Perché da sempre credo che la felicità condivisa sia un unguento miracoloso. L’unico vero unguento.
Perché un uomo felice non disfa il proprio figlio, non lo ferisce, non lo umilia, non lo uccide.
“Perchè piange per quel bambino? – mi ha domandato il farmacista – E’ morto ieri e lei piange oggi?”
“Ieri non lo sapevo. Ero ad un matrimonio…” ho risposto.
Ma poi, mi sono chiesta, che significa? Un bambino non è una notizia di giornale, che oggi c’è e domani lo dimentichi. Un bambino è la speranza del mondo. È la sua primavera.
Cosa ne sappiamo di ciò che avrebbe potuto realizzare quel piccolo?
E se da grande avesse fatto il ricercatore e avesse scoperto la cura contro il cancro?
E se avesse fatto l’astronomo e avesse scoperto nuove stelle?
E se avesse scritto poesie per le nuove generazioni?

Quando uccidi un bambino, non sai chi colpisci.
Ma sai che crei un vuoto siderale in questo inverno già così gelido.
Io vorrei poter fare di più. Ho creato la Wedding Reporter per dare voce alla felicità. Parlare di amore vero, di famiglie che generano uno spicchio di gioia nel caos del mondo. Ma vorrei fare di più. Vorrei condividere la mia fortuna più grande, che è quella di un’infanzia vera, con la colonna sonora di un giradischi rosso che narrava storie di piccioni viaggiatori e pinguini innamorati. Un’infanzia dove il 13 dicembre arrivava Santa Lucia, dove giocavi con le sorelline tra i cuscini di un divano marrone, in perfetto stile anni Settanta.

Difendete i bambini. Sono l’unica vera ricchezza che fa rinascere il mondo, ogni giorno, un po’ migliore.

Ti abbraccio piccolo. Spero che il mio calore ti arrivi dritto al cuore. Ovunque tu sia.

 

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