Per le strade della Normandia.

Se mi avessero detto che a trentasei anni compiuti mi sarei ritrovata in abito da sposa, con i piedi scalzi per una cittadina della Normandia, non ci avrei mai creduto. E invece…Secondo giorno di viaggio. Honfleur, Francia Occidentale.
Il programma che l’Ente per il Turismo Francese ci ha inviato prevede una gita lungo le antiche strade di questa suggestiva cittadina, dove protagoniste sono casette dal tetto in ardesia e pietre squadrate che disegnano i viottoli. Le case alte e strette si specchiano vanitose nell’estuario della Senna, dipingendolo in verticale dei variopinti colori delle facciate. Come in un quadro impressionista le casette così riflesse nell’acqua perdono i contorni definiti, e variano nella luce a seconda dell’umore del cielo.
Ricca di Gallerie d’Arte come poche città al mondo, Honfleur ha la capacità di catturare il cuore del visitatore per la sua dimensione rilassata, dove protagonisti sono i movimenti cadenzati e leggeri dei passanti e balconi in fiore come fosse sempre primavera. È una città dove dialogare, sorseggiare una buona tazza di caffè e ridere spensierati passeggiando fino a sera, per cenare in uno di quei ristorantini tipicamente francesi, che offrono in tavola i migliori frutti del mare. A partire dalle ostriche, che costano meno della birra.Al nostro itinerario per le viuzze lastricate di Honfleur, noi abbiamo aggiunto un ingrediente in più: una wedding reporter vestita in un abito da sposa firmato Domo Adami. E la cittadina non ha saputo resisterci. Vestita con un abito corto a bustier, davvero glamour, ho varcato la soglia dell’hotel per dirigermi in una delle piazzette laterali, un po’ nascoste ai passanti. Ma i francesi, da buoni cugini, hanno capito il gioco ed hanno deciso di partecipare con grande entusiasmo. È così che nella cittadina è salito un urlo che ne ha turbato la quiete.
“Hei! Vous avez perdu le mari?” (Avete perso il marito?)
Mi volto sorridendo in direzione della voce potente e vedo il proprietario di un locale ridere come un bambino. Ma la sua non è una risata di scherno. È la risata di chi ti chiede di essere coinvolto, al punto che mi permette di salire al secondo piano e fare delle fotografie, affacciata così vestita alla colorata finestrella che dà sulla piazza. Così, dai vetri del locale “Le chat qui pêche”, spunta una figura vestita di bianco con tanto di veletta nei capelli. Passa in quel momento una comitiva di inglesi, che non credono ai loro occhi e poi mi salutano con entusiasmo.
A questo punto, più che il fac-simile di una sposa mi sento il Papa.A breve troviamo con Devid una piazzetta, dove la luce gioca con le pietre squadrate del pavimento. C’è anche un grande arco in pietra grigia e, sulla sinistra, la facciata di una casetta con tanto di finestre dagli infissi color lilla, decorate con ricchi vasi di fiori. Le persone che ci seguono e ci osservano sono aumentate. Ci fotografano, ci riprendono. Molte si preoccupano per me, chiedendomi se non ho freddo. Io sorrido e li rassicuro, accarezzata dal vento vivace del nord.

Il complimento più grande arriva da una signora inglese che, vestita con un pile azzurro, vuole conoscere a tutti i costi la provenienza del mio abito da sposa.
“You are very beautifull!” mi dice con voce sorpresa.
Io scherzo, un po’ imbarazzata.
“Like Kate Middleton?”
La signora nicchia e poi, come se le avessi posto una domanda seria, si sofferma per un istante. Mi guarda e con piglio deciso esclama:
“No! She was ordinary. But you are a bride extraordinary!”
Ah! Divento rossa come un peperone e poi mi sciolgo in una risata.

Anche i tedeschi non sono da meno. Un uomo sulla cinquantina chiede a Devid di continuare a fotografarmi, mentre lui immortala con la sua Canon il nostro lavoro. Dice che ci invierà le fotografie scattate, così gli lasciamo e-mail e sito, nella speranza i vedere davvero quegli scatti così curiosi.
In breve, tutta la cittadina sa che in centro ci sono due italiani che giocano con un abito da sposa e una macchina fotografica. La grazia della scena è tratteggiata dal candido abito di Domo Adami, la scenografia invece è quella di Honfleur, dove tra case in ardesia nera e mattoni rossi, canta anche una giostra di inizio Novecento con gli eleganti cavalli bianchi e neri che danzano trattenuti dalle lunghe aste color oro. Il morbido movimento della giostra è accompagnato dai gridolini dei piccoli, che hanno gli occhi colmi di gioia mentre tengono stretta con le manine l’asta dorata dei cavallini. Anch’io salgo e lascio che il vento mi accarezzi i capelli, scomponendo i bei boccoli ramati. E in quell’istante percepisco un benessere inusuale, che sa di libertà.
Questo sì che è un posto perfetto per un viaggio di nozze, penso. Perché è un luogo fermo nel tempo, dove è naturale assaporare una dimensione ormai perduta chissà dove e chissà quando.
In Normandia c’è dunque molto di più che la semplice contemporaneità: qui ci sono una quiete elegante, la bellezza ruvida di antiche case a traliccio e l’armonia pensierosa di locali capaci di invitare una coppia al dialogo costante.
A Honfleur, insomma, c’è il suono dell’acqua, il profumo del mare e l’inebriante compagnia del vento. Ma soprattutto, c’è il tempo dell’ascolto, da assaporare tra un’ostrica e l’altra sorseggiando Calvados.
Lo stesso vale per lo scenario spettacolare di Etrentat, dove ci siamo recate terminata la visita ad Honfleur. Per questa nuova destinazione, ho indossato un nuovo abito da sposa, ancora della maison di Domo Adami. Fluido e leggero, l’abito ha danzato nel vento, accompagnato dal suono potente delle onde. Anche Monet venne qui e, come me, rimase incantato dalla potenza di questa immensa distesa d’acqua, costeggiata dai bianchi faraglioni. Ma mentre io ne di questo attimo ne ho fatto una semplice danza di bianca seta, lui vi trovò ispirazione per un quadro. E voi, cosa potreste inventarvi qui, in questo luogo d’ispirazione nordica? Per scoprirlo non dovete far altro che partire. E al più presto, perché la Normandia vi sta già attendendo, a braccia aperte!

 

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