Perché non andrò a prenderlo a scuola!

Non credo di essere una madre terribile, sebbene io sia molto severa.
Forse perché ho imparato che solo se sai camminare sulle tue gambe puoi andare lontano quanto ti basta per essere felice. E se provi a forzare le tue paure, puoi scoprire cosa c’è al di là dell’orizzonte disegnato dai tuoi limiti.

Sono da qualche giorno in Norvegia e ci starò ancora un bel po’. “E la scuola?” mi viene chiesto.
“La scuola, al momento, si è trasferita qui” rispondo. Mura di cielo, gente che incontri per strada come compagni di classe, storia locale, scienze e geografia applicata le materie.
Più di ogni altra cosa desidero che i miei figli siano cittadini del mondo, anche contro la loro volontà. Perché è importante, a mio avviso, che il mondo lo vivano senza temerlo.

In questo momento in cui scrivo, in Italia si sta discutendo di una legge che impone ai genitori di ritirare i propri figli dalle scuole medie, vietando loro di tornare a casa da soli.

Sappiatelo: sto pensando seriamente di trasgredire la legge.
La scuola di mio figlio è a cinquecento metri da casa mia. Accompagnarlo significherebbe MINARE la sua autostima, insinuando in lui il dubbio che il mondo sia un posto di cui avere perennemente paura.
Così mentre cresciamo una generazione di bambini capaci di vivere solo nel mondo virtuale, intacchiamo ancor di più la realtà rendendola un luogo pericoloso a prescindere.

Ribadisco: non andrò a prenderlo, nè ci manderò qualcuno al posto mio. Per quel che mi riguarda, mio figlio avrà nello zaino decine di panini imbottiti così da poter restare a scuola ad oltranza!

Che poi ragazzi, diciamocelo. Molti di noi sono andati a scuola senza essere accompagnati!

Io, per esempio, a undici anni, per andare alle Medie (a dieci chilometri da casa), dovevo prendere il treno, poi un autobus, infine fare un tratto di strada a piedi.

1 – per sfortuna di molti, non sono morta.

2 – una volta sono salita sul pullman senza biglietto. È arrivato il controllore, ho preso la multa, ne ho sentite una barca da mia madre, e ho provato sulla pelle il senso della vergogna. Tutto ciò, incredibilmente, ha aumentato il mio senso di responsabilità, rendendomi per quanto possibile una persona migliore.

3 – una delle rare volte che mia madre mi accompagnò in stazione, cambiarono il binario di partenza del mio treno. Lei mi vide su un binario diverso e pensò che fossi salita su un treno sbagliato. Tornò a casa, sfracassò le palle a mio padre perché mi venisse a recuperare alla stazione sbagliata, gli riempì le tasche di gettoni per chiamarla dalla cabina telefonica in caso servisse, chiamò i carabinieri quando mio padre la avvisò di non avermi visto scendere dal treno (per forza, avevo preso il treno giusto ed ero in classe), infine contattò la scuola scoprendo così che ero arrivata in orario. Anche sto giro, ne sentii una valanga perché “cosa ci fai a scuola se hai preso il treno sbagliato!”
Da questa esperienza mia madre imparò che potevo farcela anche senza i suoi super poteri. E, in un momento di euforia, mi iscrisse agli scout.

Questo per dire che affrontare le proprie paure – come quella di un figlio che diventa indipendente – è sicuramente una dura prova ma fa bene sia ai genitori che ai figli, e tentare di mettere questi ragazzi sotto una campana di vetro non aiuterà nessuno.

Le paure arriveranno lo stesso.
I pericoli non indietreggeranno.
E il mondo non li accompagnerà per mano.
Solo che, se insegneremo ai nostri figli a stimarsi, sapranno fronteggiare le difficoltà meglio di quanto crediamo.
Per quanto ci sembri incredibile, i nostri figli hanno le armi per affrontare questo mondo. A noi il compito arduo di fargliele scoprire.
E limitare la loro esperienza e la loro indipendenza è solo l’ennesimo atto di vigliaccheria.

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