L’amore per il viaggio spiegato da un carrello del supermercato

Te lo dicono e te lo ridicono.
I tuoi figli non ti appartengono. Nascono e poi diventano del mondo. Hanno il loro carattere, i loro pensieri, il loro credo. Avranno desideri che noi nemmeno immaginiamo e rotte sulle quali ci finiranno senza un perché.

Tu annuisci. Pensi che la partita te la giocherai tutta, fino in fondo e a tuo figlio darai sì la libertà per volare nel mondo, ma anche due binari ben fatti per il viaggio verso la felicità.
E per me, da sempre, fin da quando avevo dieci anni, la felicità è movimento. Corrisponde cioè esattamente ad un paio di valigie, con dentro quattro cose e il necessario per conoscere il mondo.
La sete di conoscenza, la curiosità per ciò che non mi appartiene di nascita è più forte di qualsiasi altra cosa.
Mia madre mi ha sempre guardato con una certa diffidenza.
Lei, una donna che ama la quotidianità e la sua famiglia, ha condotto una vita serena scegliendo di trascorrere le vacanze negli stessi identici posti per anni: mare in Liguria e qualche settimana in montagna nelle Valli Bergamasche, circondata da un nugolo di bambini e tante buone cose da mangiare. Io, di contro, non vedevo l’ora di conoscere tutto ciò che era disegnato sulle mappe, sui libri di Geografia e sulle cartine topografiche e mai, e sottolineo MAI, ho capito quella passione per una vita trascorsa sempre sulle stesse rotte, con le solite persone.

Chi vive in Giappone? E sugli Urali?

Eh già.

Diventata adulta, non ho avuto dubbi e con Devid abbiamo iscritto i nostri figli alle scuole bilingue e preparato per loro due favolose valigie ricche di esperienze: Francia, Spagna, Germania, Finlandia, Norvegia, Portogallo, Danimarca, Belgio… e chi più ne ha più ne metta. Decine di cacce al tesoro in giro per l’Europa, la splendida Europa, per conoscere di che sostanza siamo fatti, per vestire i colori di tante diverse realtà!
Ti dici che sei una brava madre, perché caspita, ai tuoi figli stai proprio dando le ali per volare, le chiavi d’accesso per il futuro.
La Vita ancora una volta ti ascolta e inizia a sorridere.
“Beh, non mi dai una pacca sulla spalla?” le dico, fiera di me.
Ma lei fa un sospiro, si siede, e di nuovo tira fuori quella maledetta lima per le unghie con cui si fa beffe del mondo.
Non capisco. Non è forse il massimo viaggiare? Non è forse per i propri figli l’apice delle esperienze?
Lei sorride, beffarda.
E a me viene il nervoso.
“Stai calma, cara – mi dice -. Tra poco capirai”

In risposta, Federico arriva con passo tranquillo dalla sua cameretta.
“Mamma, vorrei farti una domanda: perché ti piace viaggiare?”
La risposta esce in modo del tutto naturale, con tanta di quella ingenuità che metà ne basterebbe.
“Semplicemente, Federico, amo incontrare le persone!”
“Allora lascia che ti spieghi una cosa – fa quello -. Per incontrare molte persone, non c’è bisogno di fare le valigie, prendere gli aerei, leggere mappe e sorbirsi jet-lag. Basta andare al Supermercato, con un bel carrello della spesa! Credimi, ne incontri di persone, soprattutto a Natale!”

Ecco.
Ti ricordi quando tua madre ti guardava con aria trasecolata mentre facevi le valigie canticchiando?
Ora, più o meno, hai lo stesso sguardo.
Ma soprattutto, ti ricordi quando non riuscivi a comprendere perché tua madre faticava a capire ciò che per te era semplicemente una scelta naturale?
“Proprio così – conclude la Vita, dandomi finalmente una pacca sulla spalla – ognuno è quel che è. E tu dovrai accettare che tuo figlio, con l’inglese perfetto e la conoscenza di centinaia di musei, scelga di stare a casa a gongolarsi nella sua beata quotidianità”.
Assurdo.

“Federico – tiro un respiro profondo come il mare – non vorrei dire, ma non è esattamente la stessa cosa. Poi, per l’amor di Dio, sentiti libero di fare ciò che vuoi… però non ti piacerebbe, da grande, conoscere il mondo?”
Sento una risata sarcastica. Alle mie spalle, la Vita si piega in due dalle risate mentre ripone in una tasca colorata la limetta per le unghie.
“Mamma guarda, mi spiace ma io ho ben altre ambizioni”
“Ah… tipo?” azzardo, convinta di avere ancora qualche speranza.
“Voglio vivere vicino ad un centro commerciale. Pensa che figata, tutto a disposizione in un unico posto!”

E mentre tu ricordi la frase di tua madre che recitava, più o meno, così “Non amo viaggiare, perchè sono stanca di dire a Dio che è stato bravo a fare il mondo. Preferisco stare a casa a rimirare le mie tendine, così la brava sono io”, tu alzi bandiera bianca e sorridi. In fondo, dovevi aspettartelo.

Mamma, te lo dico: questa volta hai vinto tu.

Fotografia: Devid Rotasperti Photographer

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